Vorrei cominciare con un ringraziamento all’Istituto Culturale Slovacco, perché senza il loro cortese invito non avrei saputo di questa iniziativa interessante ed inclusiva ovvero il Festival delle Accademie e degli Istituti di Cultura stranieri a Roma. L’occasione mi ha permesso di conoscere la nuova Direttrice dell’istituto Slovacco in Italia Edita Filadelfiovà che mi ha onorato di una foto con lei durante l’inaugurazione e alla quale auguro buon lavoro.
La location in uno dei quartieri più belli di Roma è il Museo di Arte contemporanea Macro in via Nizza. Ho passato una serata interessante osservando le numerose opere prima tra tutte 3 installazioni a doppia facciata situate all’ingresso del Museo che riprendevano scorci fotografici delle ambasciate e degli Istituti Culturali stranieri a Roma quali La Reale Ambasciata di Spagna, l’Accademia di Romania, quella dell’Egitto di Belle Arti, quella Tedesca, quella della dell’Istituto Slovacco e Giapponese, i circoli Scandinavo e Ceco, l’istituto Svizzero e quello Svedese…
Questa parte fondamentale del percorso di mostra è affidata a Giovanna Silva (ex borsista dell’American Academy in Rome), che ha realizzato dei “ritratti” delle varie accademie e istituti di cultura stranieri: attraverso gli scatti di Silva, i luoghi e le sedi che accolgono le accademie entrano idealmente nello spazio del museo, riunendo così in un unico ambiente la costellazione di architetture disseminate in città. La connotazione urbana della mostra è sottolineata anche dall’allestimento a cura dello studio di architettura Supervoid, che evoca le innumerevoli stratificazioni e interferenze del paesaggio cittadino.
La presenza delle Accademie e degli Istituti di Cultura stranieri rappresenta un’unicità della scena culturale di Roma. Queste realtà, attraverso i loro programmi di residenze, portano ogni anno in città una popolazione formata da artisti visivi, scrittori, compositori, architetti, coreografi, designer, storici e ricercatori nei campi più disparati; una comunità che incontra e attraversa Roma, creando un legame con la sua storia e i suoi luoghi, rileggendoli e reinterpretandoli, intrecciando relazioni umane e culturali che si riflettono nella produzione artistica che scaturisce durante il periodo di residenza.
Il Festival delle Accademie e degli Istituti di Cultura stranieri a Roma, giunto alla terza edizione, intende celebrare questo legame, sottolineando l’inesauribile fonte d’ispirazione che la città costituisce per i borsisti, riaffermandone la vocazione internazionale e rinnovando l’eredità del Grand Tour, che per secoli ha visto proprio nella Capitale il luogo fondamentale per il completamento della formazione culturale e personale di generazioni di intellettuali stranieri.
Attraverso una selezione di borsisti attualmente in residenza e altri che hanno soggiornato a Roma nell’arco degli ultimi vent’anni, il progetto si articola in una mostra e in un programma live, che comprende una rete di iniziative ospitate al MACRO e nelle Accademie e Istituti di Cultura.
Entrando nel vivo della mostra “Sublime cliché” a cura di Saverio Verini intuiamo che è Roma la fonte inesauribile di metafore visive, attraverso le quali manifesta la sua grazia ingombrante e indecifrabile. Roma città frammentaria, tragica e poetica: una complessità vertiginosa e conflittuale che, in maniera paradossale, rispecchia simultaneamente gli opposti stereotipi che l’accompagnano, tra meraviglia e decadenza.
Roma è da sempre e forse per questo che ancora oggi Roma continua a destare una forte curiosità, esercitando un’at-trattiva e un’influenza sull’immaginario degli artisti. In Sublime cliché la città è presente in tutti i lavori selezionati, senza evitare il confronto con l’antichità e la magnificenza dei luoghi, né con contesti apparentemente più marginali o anonimi, cercando di proporre una visione inattesa di Roma, in cui anche i suoi cliché possano essere sublimati.
Il percorso espositivo intende proporre un ritratto stratificato e viscerale della città, attraverso opere in cui si possano sentire Roma e il suo paesaggio, la sua natura dormiente ma non addo-mesticata, l’autoironia, la disillusione, il richiamo al passato glorioso che non impedisce di trovare tracce di monumentalità – per quanto fragile – nel presente. Spaziando dall’installazione alla fotografia, dal video alla scultura, fino all’uso di tecniche e materiali tradizionali come il mosaico e il travertino, le opere in mostra restituiscono uno sguardo obliquo su Roma e le sue suggestioni.
Questi gli artisti:
Terry Adkins, Iván Argote, Joel Blanco, Bianca Bondi, Matthew Connors, Rebecca Digne, Esra Ersen, Jenny Holzer, Christoph Keller, Evangelia Kranioti, Hunter Longe, Charles Mazé & Coline Sunier, Julian Rosefeldt, Ruaidhri Ryan, Giovanna Silva, Hayahisa Tomiyasu, Nicole Wermers
Le opere esposte sono state davvero tante e tra queste ne ho selezionate alcune che hanno avuto per me maggiore risonanza emotiva e le condivido con voi:

Iván Argote Excroissances
Excroissances (Plinth, Villa Borghese, Roma), 2022
Excroissances (Giulio Cesare, Villa Borghese, Roma), 2022
Excroissances (Napoleone, Villa Borghese, Roma), 2022
Excroissances (Cristoforo Colombo, Villa Borghese, Roma), 2022
4 stampe a getto d’inchiostro su carta Photorag Baryta montata su Dibond
Courtesy: l’artista
La pratica di Iván Argote si focalizza sulla rielaborazione di narrazioni egemoniche, attraverso una prospettiva decoloniale. La riflessione sui monumenti – sul loro impatto nello spazio pubblico, sulla loro trasformazione e possibilità di rilettura nel corso del tempo – è stata al centro del periodo di residenza trascorso a Roma dall’artista, come dimostra la serie di fotografie in mostra.
Realizzati nel 2022, ma mai esposti finora, gli scatti documentano gli esiti di azioni minime compiute da Argote nell’area del Pincio: si tratta di innesti di piccoli elementi vegetali su sculture o loro basamenti – delle “escrescenze”, come recita il titolo.
Con questo gesto poeticamente sovversivo, l’artista riflette sull’eterno conflitto tra natura e cultura, prefigurando una coesistenza tra le parti, più che una rigida dicotomia.
Bianca Bondi, The Perennial Truth, 2025
Bancone in plexiglas trattato con glicerina, oggetti in vetro, piante (plant design: Eugenia Lecca, Stefano Masetti), profumo (courtesy: Yann Vasnier – Givaudan) / Plexiglass counter treated with glycerine, glass elements, plants (plant design: Eugenia Lecca, Stefano Masetti), perfume (courtesy of Yann Vasnier – Givaudan) Courtesy: l’artista
La ricerca artistica di Bianca Bondi trova una delle fonti d’ispirazione nel concetto di “rewilding”, termine che indica i processi di rigenerazione degli ecosistemi natu-rali, favorendo un ritorno allo stato selvatico. L’artista realizza delle installazioni in cui materiali organici ed elementi artificiali trovano un punto di incontro, mettendo in risalto l’interconnettività delle cose nel mondo e il loro carattere transitorio.
Nell’opera pensata appositamente per la mostra, Bondi ricrea il bancone di un bar – luogo simbolo di convivialità – che, ricoperto di glicerina, è invaso da piante endemiche del Lazio. Questo elemento sembra traspirare, mentre la vegetazione ne ricopre le superfici e lo trasforma in un organismo vivo e profumato, in particolare attraverso la presenza di essenze e fragranze che fuoriescono da uno degli oggetti in vetro colorato, fabbricati a Roma da artigiani secondo dei modelli formali ispirati all’antichità.
Christoph Keller, Ceppo sradicato (from the garden of the Egyptian Cultural Center), 2025
Ceppo di pino / Pine stump Courtesy: l’artista / the artist e / and Ester Schipper Gallery
Presentata per la prima volta nel 2018 all’Accademia Tedesca Roma Villa Massimo e ora riproposta in una nuova versione, l’opera introduce nello spazio espositivo un elemento naturale: un tronco di pino marittimo caduto, che Christoph Keller ha fatto prelevare e trasportare fino all’interno del museo. Tra le architetture, le strade, i monumenti e le antiche rovine, a Roma la natura si fa strada con forza grazie ai parchi, alle aree verdi e alla vegetazione spontanea che cresce negli interstizi urbani. Il pino marittimo è onnipresente in città, a tal punto da essere diventato nel tempo uno dei simboli di Roma.
Con Ceppo sradicato, Keller presenta ciò che resta di questa pianta, assimilandola a un rudere, una reliquia naturale. Il tronco divelto tuttavia, con le sue radici a vista e la dimensione quasi monumentale, conserva ancora il ricordo della propria selvatica vitalità, dando così origine a una “natura morta” tridimensionale e vigorosa.
La mostra contiene molte più opere di quelle evidenziate e vi invito a fare una visita al MACRO
La mostra è visitabile fino al 24 agosto. Orari e biglietti : https://www.museomacro.it/mostra/festival-delle-accademie-e-degli-istituti-di-cultura-stranieri-a-roma-terza-edizione




