Nasce da una sfida il percorso artistico di Danilo Giannoni che colta la frase della nonna “Non si può scrivere sull’acqua” , un chiaro richiamo a rimanere con i piedi ben piantati a terra, è alla continua ricerca dell’equilibrio tra le sue due parti. Una parte artistica sognante e pulsante ed una parte più cauta attenta e razionale. L’incontro/scontro di questi due modi di essere non è bipolarismo come scherzosamente abbiamo detto durante la conferenza stampa a cui ho avuto l’onore di partecipare giovedì 22 maggio scorso, bensì la forza trainante e l’energia per una intelligenza ed una capacità entrambe vivaci.
Curiosità, voglia di vedere dentro le cose, plasmare la materia…lasciare traccia di sé. Questo Danilo lo fa e lo ha fatto con la creazione di gioielli per la sua azienda Giamore e per tante altre aziende che chiedono il suo supporto artistico. Ma come giustamente evidenziava nel suo intervento la creatività non può essere prosciugata e ha bisogno di rigenerarsi. E’ quasi una catarsi quella che prova nell’esprimersi attraverso l’antica tecnica dell’Ebru* che scopre casualmente in un viaggio in Turchia che lo assorbirà a tal punto da impiegare 5 anni nello studio della tecnica con relativo trasferimento in quella terra così ricca dal punto di vista estetico ed artigianale.
La mostra personale di Danilo Giannoni “Caos liquido” è stata voluta ed interpretata dalla sensibilità di Tina Vannini, a cura di Francesca Barbi Marinetti ed organizzata da Anita Valentina Fiorino. Impressionante la scoperta di noi comuni mortali sui tempi tecnici, dalla realizzazione delle vasche fino ai tempi di asciugatura, e la mole di lavoro necessaria per la realizzazione delle opere di grande formato che abbiamo visto esposte presso gli spazi espositivi de Il Margutta RistorArte, in via Margutta 118 a Roma e che lasciano davvero incantati.
*La Tecnica dell’EBRU – Nelle zone dell’India e dell’Iran era una tecnica applicata praticamente per la maggior parte dei libri ed è lecito supporre che tragga origine dalla zona di Bukhara (attuale Uzbekistan) e risalga ad almeno 3000 anni fa. La tecnica si è poi diffusa lungo la Via della Seta fino in Iran, India e nei Paesi Arabi, sino ad affermarsi in Turchia nel corso del XVII secolo. L’origine del nome allude poeticamente alla sua mutevolezza e labilità poiché, come una nuvola o un insieme di nubi, ogni quadro è unico e irripetibile.